Io non ero quel che si dice un attivista.
In effetti, non avevo mai avuto molta considerazione per le etichette, mi avevano sempre dato abbastanza fastidio, le consideravo dannose. E’ un modo di pensare che ho mutuato radicalmente negli ultimi anni, a causa dei vari incasinamenti della mia vita e a un errore clamoroso che ho fatto diversi anni fa. L’errore è stato mettermi con una donna bifobica.
Per quanto non amassi le etichette, ho sempre sentito la necessità di mettere le carte in tavola fin da subito con una nuova persona con cui cominciavo una relazione. Insomma: un po’ dopo il primo bacio e un (bel) po’ prima di fare sesso, ho sempre fatto presente di essere bisessuale.
C’è chi la prendeva bene, chi si scandalizzava, chi si metteva a ridere, chi ne era del tutto indifferente.
Questa ragazza in particolare sembrava non averci dato peso e le cose si sono fatte sempre più serie tra di noi. A un certo punto però, quando parecchio tempo dopo ho ripreso il discorso, sono cominciate le liti e le discussioni feroci, cui non ho dato il giusto peso. Motivazione? A detta sua ero ovviamente confuso, si trattava di esperimenti da adolescente (come se non avessi avuto relazioni bi dopo i diciott’anni…), se mi guardava negli occhi vedeva un eterosessuale fatto e finito (strano, visto che dormo in pose che Lady Gaga in confronto è Vin Diesel), dovevo smetterla con questa storia, smetterla e crescere, perché se una persona è adulta e matura può essere etero o gay, senza se e senza ma.
C’è chi fa CO del proprio orientamento sessuale, chi della sua identità di genere, io voglio farlo della mia vigliaccheria.
Eh gente, io ho ceduto. Pur avendo sentito mooolto bene i campanelli d’allarme (campanelli? Erano sirene antiaeree!), giustificandomi con la mia convinzione d’allora che le etichette non erano importanti, ho finito per essere quello che non ero. Ho chiuso il discorso con un silenzio assenso. Mi sono finto eterosessuale per due anni, circondandomi di persone che mi hanno visto unicamente come tale.
Ci siamo lasciati nel peggiore dei modi. Dulcis in fundo, ha chiamato tutti i miei amici e parenti e mi ha fatto outing.
Outing sbagliato, perché mi son trovato improvvisamente ad essere etichettato come gay represso.
Anche questa, sì. Manco il “piacere” di subire un outing fatto come si deve… Perché “esistono solo etero e gay”. Due lati positivi: gli amici che improvvisamente hanno smesso di frequentarmi perché “non solo è frocio, ma nemmeno ce l’ha detto”, li ho persi e ne sono ben felice; il parentado (che è pur sempre parentado. Insomma, sapere sapevano benissimo, anche se non avevo mai detto loro niente) ha reagito facendo spallucce in coro, al grido di “ma che ci frega di cos’ha nelle mutande chi frequenta”. Son quelle cose che commuovono.
Chiariamo, lei ha certamente avuto le sue colpe, dettate da ignoranza e paura, ma io non sono un santo.
Perché a furia di evitare le etichette, di nascondere la mia natura, di farmi passare per quello che non ero solo perché era la via più semplice da percorrere, ho buttato al vento la mia identità per due anni.
Per questo ora faccio il mio bel Coming Out della vigliaccheria. Ho sofferto molto, ma il primo con cui lamentarmi lo vedo allo specchio ogni giorno, mi è mancato l’amor proprio e la batosta mi è servita di lezione.
Io non sono quel che si dice un attivista, ma ci sto arrivando.
Ora frequento persone che sanno chi sono, dagli amici ai nuovi partner, per essere sincero tanto con il prossimo, quanto con me stesso. Eh sì, adesso quando sento parlare di bisessualità non faccio più orecchie da mercante, mi tiro su le maniche e dico la mia, senza fingere. Le parole giuste, le famose “etichette”, ora le uso: alla domanda “sei bisessuale?” rispondo fieramente di sì.
Di delusioni ne ricevo molte più di prima: difficile avere delusioni, se stai nascosto. Ma è anche difficile guardarsi allo specchio, se fai così.
Chiudo col sorriso: mai conosciuto un/a bisessuale prima della svolta.
Ora che dico apertamente chi sono, indovinate un po’? Ogni due o tre mesi ne incontro qualcuno, che vedendomi tranquillo sull’argomento, si dichiara.
Son soddisfazioni 🙂
Bellissimo pezzo, Flavio, complimenti!
Ci sono le volte in cui si usa la copertura etero totale, volte in cui spalmiamo la nostra bisessualità come burro di arachidi (che sta con tutto), volte in cui preferiamo passare per gay per evitare commentini, volte in cui ci crogioliamo nel “don’t ask don’t tell” e volte in cui serenamente prendiamo il rispetto per noi stessi e lo mettiamo davanti a qualsiasi relazione, amicizia, giudizio, cattiveria.
Non è sempre facile – per noi uomini poi è sempre un po’ più complicato (chissà perché: i ballerini di “Girl gone wild” erano maschi, no?) – ma ci si riesce, ed è meraviglioso!
Flavio, complimenti!
Io non sono mai stato fidanzato, ma hai tutta la mia simpatia: anche io ultimamente mi stavo illudendo che le etichette non servissero perché essere se stessi non lo richiedeva, e invece mi sono reso conto che alla lunga risultavo ai miei occhi un ignavo, timoroso di prendersi una vera posizione.
È vero insomma che la messa in discussione, i dubbi e il desiderio di imparare sono sintomo d’intelligenza, ma oltre a quella, prima o poi, serviranno anche coraggio e risolutezza, altrimenti la propria identità cadrà in mille pezzi.