Non c’è niente di più vero della frase “ogni giorno è una nuova scoperta”. Niente di più condivisibile, dal mio punto di vista: sono Riccardo Zucaro, ho 28 anni e dopo quasi 6 dal mio coming out come omosessuale ho capito di essere bi. Oh già, una cosa rara, potrebbe pensare qualcuno, ma non impossibile.
L’adolescenza è un periodo complicato per tutte e tutti, impegnati così tanto a capire cosa si vuole da diventare confusi e, nello stesso tempo, con una enorme spada di Damocle sulla testa che è la necessità di definirsi. Le regole dei gruppi, il machismo, le battute, mentre si vivono non si fa caso al peso che esse trascinano ma quando si torna a casa e si è soli nella propria cameretta non si può fare altro che pensare e non capire.
E così è stato per me: a 16 anni conobbi Federica, i soliti baci sotto i portici di Chivasso, i messaggini romantici, gli squilli con il 3310. Una storia di ragazzini infatuati e spensierati. Ma subito dopo i dubbi, le incertezze: stavo con lei perché mi piaceva o perché è giusto che un ragazzo stesse con una ragazza? All’epoca avevo già preso coscienza che mi piacessero i maschi, ma avevo molta paura che qualcuno potesse venirlo a sapere e farmi del male. Allora lo tenni per me, come il diario che si nasconde sotto l’asse traballante del pavimento, nessuno deve vederlo, nessuno deve sapere che esiste, ma in fondo tutti ne hanno uno e si trova nascosto sempre nello stesso posto. Nessuno doveva sapere che ero gay, allora frequentai altre ragazze con cui ebbi rapporti fugaci, più che altro per depistare chi si faceva troppe domande sulla mia sessualità.
Poi arrivò il periodo dell’università e si spalancò davanti ai miei occhi un mondo nuovo. A lezione fecero vedere XXY, un film che tratta il tema dell’intersessualità, e la docente, tale Luisella Passerini, narrò la storia del movimento LGBTI. Era arrivato il momento giusto per capire chi ero. Basta ragazze di copertura, basta fingere per paura. Ci volle ancora un po’ di tempo prima che decidessi di liberarmi, ancora qualche periodo buio, un Pride di Torino a cui non partecipai per timore di chiedere a qualcuno di accompagnarmi, il dolore dietro l’affossamento della legge contro l’omofobia che non riuscii a sfogare e i casi di cronaca omofoba che commentai solo tra me e me. Poi, dopo qualche mese a colloquio con la psicologa che più di tutte mi ha fatto capire l’importanza di essere felici attraverso l’essere se stessi, mi sciolsi. Feci coming out con mia madre (e subito dopo festeggiai prenotando il mio primo tatuaggio), poi con i miei amici più stretti, poi con mia nonna e via dicendo. Ero omosessuale e felice di esserlo. Non ci pensavo più alle ragazze, non pensavo più a quel periodo in cui dovevo fingere. Così cercai di fare conoscenza e di incontrare nuovi ragazzi e ragazze LGBTI, per confrontarmi, per divertirmi, per inserirmi.
Passò qualche mese e BAM!, conobbi una ragazza che mi piacque. Ma caspiterina, era il 2010, ci ho messo anni e anni ad accettare la mia attrazione per i maschi e mo’ mi piace una ragazza? Ma come è possibile? No, questa cosa non riuscivo a capirla, ormai avevo detto a tutti che ero gay e gay dovevo rimanere. Però lei mi piaceva… cioè, la guardavo con altri occhi, con gli stessi con cui guardavo un ragazzo che mi attraeva. Pensavo tra me e me di lasciar perdere, forse ero solo confuso, forse era solo l’inizio e con tutte quelle novità non sapevo più dove sbattere la testa. Dopo un po’ di tempo in cui la vedevo tutti i giorni, insieme ad altri amici, prendemmo strade diverse. Mi dissi che era meglio così, almeno non avrei avuto altre tentazioni. Poco dopo conobbi Marco e costruimmo un rapporto di coppia solido. Prima io e lui, rigorosamente monogami e senza la possibilità di sentire nessun altro, poi pian piano il rapporto si evolse. Ma nulla cambiò, le ragazze le guardavo in un altro modo, alcune di loro mi piacevano e mi scatenavano la stessa reazione di alcuni ragazzi.
Passarono gli anni e l’estate scorsa le cose cambiarono. Lei (vuole rimanere anonima) la conoscevo da un po’, ma solo in quel periodo ci avvicinammo. Cominciammo a sentirci per impegni associativi (sono volontario di Arcigay Torino dal 2010), ci frequentammo sempre di più fino a che un giorno le dissi che mi piaceva. Lei rimase molto sorpresa, ma in modo positivo perché anche io le piacevo. Nei mesi a venire iniziammo a vederci assiduamente, a sentirci ogni giorno. Per lei era strano che un ragazzo dichiaratamente gay fosse attratto da una persona del sesso opposto; per me, invece, non c’era alcuna stranezza. E poi, ovviamente, ci innamorammo. Ero sempre più felice e sempre più cosciente che la natura del mio essere stava confluendo verso l’esterno, senza freni e senza sensi di colpa. Dopo mesi intensi la nostra storia si interruppe, ma riuscimmo a mantenere un buon rapporto che dura ancora adesso. Quell’attrazione incredibilmente forte e spontanea mi diede la possibilità di capire molte cose, mi aiutò a fare luce su alcuni irrisolti che mi portavo dietro e mi condusse alla scoperta della mia bisessualità. Così feci coming out con Marco e lui si disse subito orgoglioso di me! Non c’è gioia più bella di sapere che il compagno di una vita è al tuo fianco e che non teme il tuo cambiamento, ma lo apprezza, lo ascolta e ne è contento. Lo dissi agli amici e, tra chi è rimasto incredulo, tra chi si è arrabbiato e chi si è messo a ridere, sono riuscito a far capire a tutti che essere bisessuale non è una fase, non è confusione, non è una scelta comoda o un rifugio facile, essere bisex è un orientamento sessuale come gli altri, senza nessuna differenza.
Ho capito così che l’attrazione che provavo in adolescenza per le ragazze era vera, non era una semplice maschera. Tuttavia, all’epoca dovevo far fronte al fatto che non accettavo la mia attrazione verso i maschi e questo ha reso tutto più complicato. Ma è attraverso il grado di maturità della propria mente che si riesce a capire, qui e ora, chi si è e cosa si vuole costruire.
I pregiudizi e gli stereotipi che gravitano intorno all’immaginario di una persona bisessuale sono sciocchi e derivano da quel perbenismo di fondo che la comunità LGBTI (e non solo) non vuole scrollarsi di dosso. Non sono confuso, non sono indeciso, non mi basta che respiri, non mi devo decidere. Ma ciò che non sono importa poco, quello che veramente conta è ciò che sono: io sono felice, sono amato e innamorato, sono libero e sono me stesso. Dopo molto tempo e con non poca fatica, ho capito che mi piacciono le persone a prescindere dal loro corpo, mi piacciono le persone che mi fanno stare bene e che faccio star bene. È quello che mi attira. Poi, ogni corpo è diverso ed è sempre una nuova, spettacolare scoperta.
Immagine tratta da 99traveltips.com