Perché parlare dei diritti LGBTQ+ in Giordania? Ho pensato che sarebbe stato interessante conoscere un po’ la situazione LGBTQ+ al di fuori dell’Italia e avendo, in parte, origini giordane ho scelto di ricercare notizie a riguardo.
La Giordania è uno dei paesi del Medio Oriente dove l’omosessualità non è più illegale, ma tuttavia non è accettata socialmente. Secondo un sondaggio del 2013, condotto dal Pew Research Center, alla domanda “la società dovrebbe accettare l’omosessualità?” il 97% ha risposto no, mentre solo il 3% ha risposto sì.
La maggior parte delle persone LGBTQ+, infatti, subisce discriminazioni sociali e non esistono tutele vere e proprio contro tali fenomeni.
Un po’ di storia.
Fino al 1951, secondo il codice penale britannico, l’omosessualità era illegale. Quando poi il paese ha adottato un proprio codice penale ha decriminalizzato l’omosessualità. Nonostante ciò, le persone LGBTQ+ che mostrano affetto in pubblico possono essere perseguite per “turbamento della morale pubblica”.
Il codice penale giordano, inoltre, non permette alla famiglia di picchiare o uccidere un altro familiare solo per il suo orientamento sessuale, quest’ultimo interpretato come un “disonore”. Dal 2013, infatti, gli omicidi d’onore sono illegali.
La prima dichiarazione pubblica sui diritti LGBT da parte del governo giordano è stata fatta nel 1995, durante la quarta conferenza mondiale sulle donne. Una conferenza che affrontava le questioni dei diritti delle donne e dove sono stati discussi anche i diritti delle donne lesbiche e bisessuali. Questa proposta, però, era stata affossata dai delegati giordani e anche da quelli dell’ONU. In seguito, la proposta è stata adottata.
I media.
La legge sulla stampa e la pubblicazione venne modificata nel 1998 e in seguito nel 2004. Il documento iniziale vietava la rappresentazione della “perversione sessuale”, che includeva l’omosessualità. Il documento del 2004 sostituisce la perversione sessuale con un requisito generale in cui si dice che la stampa “rispetta i valori della nazione araba e islamica” e che deve anche evitare di invadere la vita privata delle persone.
E’ la commissione dei media, infatti, che regola l’esposizione commerciale e la distribuzione dei film. E nel 2016, ad esempio, stabilì che il film The Danish Girl non poteva essere mostrato pubblicamente perché “incoraggiava la devianza e il disordine pubblico”.
Alcuni passi verso il cambiamento.
Alcuni rapporti recenti suggeriscono che, anche se un gran numero di persone LGBTQ+ non si rivela in pubblico e spesso conduce una doppia vita, una nuova ondata di giovani sta cominciando ad uscire allo scoperto, diventando sempre più visibile nel paese.
In Giordania, ad esempio, viene pubblicata una rivista LGBTQ+: MyKaliMag. Nata inizialmente come rivista LGBTQ+, è diventata poi variegata e non più esclusivamente rivolta alle persone queer.
Considerata come un punto di riferimento per la comunità queer, conduce un’attività di informazione, sensibilizzazione e visibilità.
Khalid, caporedattore e direttore creativo, ha dichiarato: “Siamo diventato un riferimento e piacciamo per via dei contenuti forti e sfumati. Molti dei media giordani cercano di demonizzarci o generalizzano troppo i nostri contenuti, o addirittura li usano per distogliere l’attenzione delle persone dalle azioni politiche importanti. ma abbiamo imparato come rispondere senza prendere di mira i media attraverso le dichiarazioni. Non alimentiamo il fuoco, perché se veniamo descritti come “pornografici”, le persone possono controllare e vedere che non è vero. Ora, i nostri contenuti sono spesso utilizzati dalle persone per affrontare l’argomento con la propria famiglia o per vedere le loro reazioni riguardo l’omosessualità.”
In questa intervista, Kali, il fondatore della rivista, racconta che la vita per le persone LGBTQ+ è più difficile fuori dalle città. Mentre ad Amman, ad esempio, è sempre più visibile e leggermente più facile. Sono presenti, infatti, alcuni caffè ritenuti gay friendly.
La sua visione per il futuro è positiva e ritiene che un cambiamento sia possibile e che ci possano essere le giuste premesse.
In conclusione.
Sebbene in Giordania l’omosessualità non sia più criminalizzata, la stigmatizzazione e le discriminazioni rimangono. I cambiamenti apportati al codice penale sono recenti e questo dimostra la lotta che si sta ancora combattendo.
Tuttavia, sia questi cambiamenti e sia la rivista MyKaliMag sono un segnale di speranza e di una volontà tendente all’accettazione, all’apertura e alla libertà.