“Io non penso all’arte quando lavoro. Tento di pensare alla vita”
Jean Michel Basquiat era un writer e pittore americano. È stato uno dei più importanti esponenti del graffitismo americano, riuscendo a portare questo movimento dalle strade metropolitane alle gallerie d’arte.
Anche se non ha mai dichiarato pubblicamente di essere bisessuale, Jean Michel era noto per essere attratto sia da uomini che da donne.
Secondo Jennifer Clement, autrice di “Widow Basquiat”, “era attratto dalle persone per diverse ragioni. Potevano essere maschi, femmine, magri, grassi, belli, brutti. Era, io penso, guidato dall’intelligenza.”
Jean Michel iniziò a manifestare interesse per il disegno fin da piccolo, ispirato dai cartoni animati. Un amore per l’arte trasmessogli dalla madre, la quale lo portava spesso nei musei.
Nel 1968 fu investito da un’autovettura e gravi lesioni interne obbligarono i medici all’asportazione della milza. Durante il mese di degenza in ospedale, la madre gli regalò il testo di anatomia Gray’s Anatomy, che lo influenzò molto nelle sue opere, dove riportò poi molti elementi anatomici.
Nel 1976 iniziò a frequentare una scuola a Manhattan per ragazzi dotati e fu lì che, a 17 anni, strinse amicizia con Al Diaz, un giovane grafittista che operava sui muri della Jacob Riis.
Insieme all’amico, Jean Michel acquistò piena consapevolezza della sua vocazione artistica e i due unirono così le loro capacità iniziando a produrre graffiti per le strade di New York firmandosi come SAMO, acronimo di “Same Old Shit” (“solita vecchia merda”), promuovendo idee ermetiche, rivoluzionarie e a volte insensate.
Nel 1980 la loro amicizia e collaborazione finì, così Jean Michel scrisse nelle vie del centro della città “SAMO© IS DEAD”. In seguito non utilizzò mai più il nome ‘SAMO’.
Lasciò poi gli studi e iniziò a guadagnarsi da vivere vendendo le sue cartoline e fu così che cambiò la sua vita. Jean Michel, infatti, riuscì ad avvicinare, in un ristorante di SoHo, Henry Geldzahler e Andy Warhol, il quale comprò alcune delle sue opere.
Passarono però anni prima che Jean Michel riuscisse ad entrare nella “Factory” del re della Pop Art; nel frattempo diventò cliente fisso di due club esclusivi, frequentati dallo stesso Andy Warhol e anche da Madonna (con cui ebbe poi una relazione di alcuni mesi).
La prima personale mostra di Jean Michel fu nel 1981 a Modena, nella galleria d’arte di Emilio Mazzoli, ma venne accolto in modo negativo e sarcastico dai critici e collezionisti locali. Un anno dopo riscosse invece grande apprezzamento dal pubblico e dalla critica di New York, nella galleria d’arte di Annina Nosei.
Nel 1983 strinse un forte legame con Andy Warhol, il quale lo aiutò a sfondare nel mondo dell’arte come fenomeno mondiale emergente. I dipinti di Jean Michel erano caratterizzati da immagini rozze e infantili. L’elemento che però contraddistingueva la sua arte era essenzialmente l’utilizzo delle parole, inserite nei suoi dipinti come parte integrante, ma anche come sfondo, cancellate, a volte anche per attirare l’attenzione dello spettatore.
In seguito, Jean Michel venne definito, dal New York Times, “la mascotte di Warhol” e questo lo portò, anche a causa della sua tossicodipendenza, a soffrire di disturbi psichici.
Poco dopo, i rapporti con la sua agente finirono e il pubblico ed i critici iniziarono ormai a non accettare più i suoi lavori con l’entusiasmo di un tempo. Nel 1987, con la morte di Warhol, entrò in una violenta fase di tossicodipendenza: il suo forte attaccamento al re della Pop Art lo condusse all’abuso di eroina per superare il trauma.
Jean Michel espose ancora a New York nella galleria del cugino di Tony Shafrazi, il suo ultimo mercante; poi iniziò un tentativo di disintossicazione che non portò mai a termine e morì il 12 agosto 1988, a 27 anni, per overdose di eroina, nel suo studio a Manhattan. Il corpo venne ritrovato, nudo, in un cassonetto dell’immondizia.
Venne soprannominato “il James Dean dell’arte moderna”, essendo riuscito a scalare quel mondo con grande velocità, ma a scomparire, purtroppo, in un tempo ancora più breve.