Come già sapete se ci seguite da un po’, non sono bisessuale, né pansessuale e nemmeno mi pongo in quello spettro che comprende tutte le sfumature che stanno tra l’eterosessualità e l’omosessualità.
Mi considero un’alleata bi+ e sono fiera di esserlo tanto quanto sono fiera di essere lesbica.
Entrambe le sfaccettature fanno parte della mia identità di persona.
In questi 10 anni di Bproud, tante persone mi hanno chiesto perché passo gran parte del mio tempo libero a combattere contro pregiudizi e stereotipi che riguardano un orientamento sessuale che non è il mio, a cosa serve la mia presenza di alleata e come questa cosa possa davvero influire (o meno) sulla vita delle persone bi+ che mi circondano.
Sono una persona che ama fare esempi per spiegare meglio le cose e quindi a queste domande in genere rispondo raccontando due episodi che secondo me rendono bene l’importanza degli alleati, sia a livello micro, ovvero nella quotidianità della singola persona coinvolta, sia a livello più macro, ovvero di partecipazione attiva ad una causa più grande che mira a cambiare la mentalità della società.
Il primo riguarda mia moglie Francesca e il momento in cui si è resa conto che non era etero ma che non era neanche lesbica.
Era totalmente in panico: nessuno dei due orientamenti sessuali la rappresentava e lei si sentiva totalmente un essere a parte, a se stante, diverso, incompreso e senza possibilità di essere riconosciuto in un ruolo sociale.
Quando ami una persona e la vedi così persa, non puoi davvero fare a meno di chiederti cosa puoi fare per aiutarla a stare meglio. La risposta che mi sono data in quel momento è stata semplice: ci devo essere, devo stare al suo fianco e farle capire che la amo e che anche quella parte che lei non riesce ad inquadrare è sempre una parte di lei e che, in quanto tale, io amo.
Sembra una cosa scontata, o almeno lo sembrava a me, ma in realtà non lo è e nel tempo, grazie a Bproud, l’ho imparato molto bene: pregiudizi e stereotipi spesso si insinuano più in profondità dell’amore e dell’amicizia e devastano non solo un rapporto, ma le persone.
Perché spesso anche quelli che dicono di volerti bene, nella pratica magari non riescono a fare pace con quella vocina intrusiva che dice loro che quella cosa lì di te proprio non riescono a digerirla. È un problema loro, ma nella realtà il problema diventa solo tuo e difficilmente ci si rende conto di quanto dolore comporta essere “soli contro tutti” fino a che non ci si trova in quella situazione in prima persona.
Amare una persona per me vuol dire anche mettersi nei suoi panni, provare quel dolore e scegliere di non lasciarla da sola a lottare contro tutti ma di schierarsi al suo fianco e combattere insieme.
Il secondo esempio, riguarda invece la mia esperienza ai pride.
I primi pride a cui ho partecipato risalgono agli anni 90. Eravamo in pochi ed eravamo tutti molto orgogliosi ma anche con un sottofondo di paura per quello che ci poteva accadere manifestando.
Nessuno di noi osava sperare in un coinvolgimento positivo di persone non LGBT+ alle manifestazioni.
Normalmente c’era sempre chi guardava passare il corteo (sempre abbastanza ridotto) dalle finestre e se si accorgeva di essere osservato dai manifestanti si tirava indietro e chiudeva la finestra immediatamente.
Non dimenticherò mai quando per la prima volta un uomo è rimasto affacciato e ha iniziato ad applaudire.
Ho pianto di gioia perché era la prima volta che uno sconosciuto mi dava un segnale di riconoscimento della mia identità.
Mia e di tutti quelli che come me erano coinvolti in prima persona.
Era al nostro fianco con un semplicissimo gesto e anche se non è sceso in piazza con noi, quel gesto mi ha cambiato la vita.
Negli anni le persone alle finestre e sui balconi che non si ritraevano e applaudivano aumentavano, poi piano piano hanno iniziato a venire a manifestare con noi fino ad arrivare ai pride di questi ultimi anni, in cui un terzo dei manifestanti è composto da eterosessuali alleati della comunità LGBT+ che non solo scendono in piazza con noi, ma contribuiscono nella loro quotidianità a distruggere stereotipi e pregiudizi tra le persone che conoscono.
Un effetto a catena che ci ha cambiato la vita e ci ha dato la possibilità di iniziare a vedere dei diritti riconosciuti anche a livello legale, oltre che di poterci esporre senza la certezza di essere massacrati di botte ogni volta.
È vero che purtroppo non abbiamo ancora la sicurezza matematica di non essere aggrediti anche in maniera molto violenta, ma finalmente le percentuali si sono invertite e sicuramente dobbiamo ringraziare molto i nostri alleati eterosessuali.
Sono queste le cose che mi spingono ad essere un’alleata: voglio che la società cambi e inizi a riconoscere tutti gli orientamenti sessuali, così come piano piano ha imparato a riconoscerne alcuni che inizialmente rifiutava in maniera aperta e violenta.
La bisessualità e la pansessualità subiscono quello stesso rifiuto che ha subito in passato l’omosessualità e le persone b+ si trovano spesso da sole a lottare contro tutti.
È ora che tutti abbiano chi applaude dalle finestre e scende in piazza a lottare per e con loro.
Io ho deciso di farlo tanto tempo fa e spero con questo articolo di convincere più persone possibile a fare lo stesso!
L’onda pride 2018 è iniziata da pochissimo e andrà avanti tutta l’estate, per questo abbiamo pensato che fosse il momento giusto per coinvolgere più persone possibile: che siate a casa, al pride, in città, al mare, in montagna, al parco, a scuola, al lavoro o in qualsiasi altro posto, scaricate e stampate il cartello e, come ho fatto io, fatevi un selfie.
Potete scegliere se inviarci le foto via mail all’indirizzo scrivi@bproud.it per pubblicarle sui nostri canali o semplicemente caricarle sui vostri social inserendo gli hashtag #BmyAlly e #Bproud!
Fateci sentire che non siamo in pochi a lottare e aiutateci anche voi a creare un mondo non solo gay friendly ma anche B+ friendly!
Uscite anche voi da dietro le finestre e fateci sentire che siete con noi.
Cambiamo la società insieme, ne guadagneremo tutti in libertà!
Grazie
Trovo bellissima l’iniziativa, tant’è che ho deciso di usare fino a nuovo avviso la foto scattata al RomaPride il 9 giugno 2018 con mia moglie che tiene il cartello bmyally e io con la maglietta “So what? Bisexual Pride” (da https://www.redbubble.com/people/chiafilincieri/works/28154709-bi-pride?p=t-shirt , la mia è una “M” e abbastanza grande, per me una “S” sarebbe stata meglio ) come Gravatar, cioè, non solo per questo sito. Così contribuisco alla #bivisibilità e dico “bisex e felicemente, monogamente sposato – certo!”.