Se c’è un elemento in comune tra il mondo anglosassone e quello nostrano è quanto poco si parli di HIV sotto tutti i suoi aspetti. La vergogna e l’ignoranza che circondano questo argomento hanno raggiunto livelli ormai inaccettabili e se la politica, tranne rari casi, dimostra poco interesse, è anche dovere di noi attivisti parlarne e cercare di farlo con cognizione di causa. Inutile ricordare quanto anche nelle nostre scuole si parli poco o niente di tutto ciò che concerne l’affettività e le relazioni (ricordiamo la nostra riflessione in merito su questo post) e di quanto pesante sia il fardello che lasciamo sulle spalle dei nostri giovani già solo non parlandone.
Abbiamo voluto proporre questo pezzo dell’attivista bisessuale americano Zachary Zane pubblicato su “The Body” , risorsa online che si occupa esclusivamente di HIV e AIDS, che affronta l’argomento da un altro punto di vista: l’odio e la violenza online subita dagli uomini sieropositivi. Qualche consiglio su come arginarla viene da alcuni noti attivisti americani. Saremo lieti di ospitare anche le opinioni degli attivisti italiani che vorranno contattarci.
Traduzione di Anna; revisione di Francesca
Spesso scopriamo i veri colori degli uomini queer quando le loro identità sono nascoste dietro una barriera elettronica e, credetemi, non sono sempre belli, questi colori.
Incoraggiati dall’anonimato, molto uomini gay e bi inviano messaggi indesiderati su app come Scruff o Grindr, messaggi che includono razzismo, body shaming e HIV shaming. E anche se alcuni non si spingono fino ad attaccare persone con HIV in modo casuale, possono comunque rispondere in modo sgradevole quando un potenziale partner dall’altra parte dello schermo rivela di essere HIV positivo.
Essere rifiutati, in qualunque modo avvenga, è comunque doloroso ma esserlo per una componente della tua identità che non puoi cambiare è particolarmente duro, specialmente quando, come persona sieropositiva, hai fatto tutto ciò che era possibile fare, dopo la diagnosi, per raggiungere e mantenere una carica virale impercettibile.
Abbiamo contattato alcuni noti attivisti sieropositivi per imparare come rispondere ai messaggi offensivi (o comunque basati sull’ignoranza) ricevuti sulle app di dating, in un modo da promuovere anche il rispetto verso se stessi.
Josh Robbins, 36 anni, è il portavoce di DatingPositive.com e attivista per la salute sessuale. Su DatingPositive lui rivela subito il suo status, considerando anche che le basi del sito sono quelle di trovare altre persone con HIV con le quali entrare in contatto, ma su altre app non lo rivela sul suo profilo. Le sue motivazioni hanno meno a che fare con la paura di essere rifiutato e più con il fatto che lui creda che “tramandi quel falso senso di sicurezza e finisca per perpetuare l’idea di una separazione tra uomini positivi e negativi quando invece non dovrebbe esserci”.
Nonostante questo preferisce dirlo alle persone prima di un incontro reale perché “per me, essere rifiutato è più facile su una app che di persona”. Ha anche notato che diventa subito chiaro se una persona non ti vuole incontrare dal vivo dopo la rivelazione dato che la conversazione tende a scemare subito dopo. Quando viene respinto apertamente a causa del suo status, Robbins tende a rispondere in modo molto comprensivo. Ha notato che, di solito, le persone non sanno molto sull’HIV fino a che non li riguarda personalmente e sarebbe ipocrita da parte sua arrabbiarsi con chiunque l’ha bloccato dopo aver rivelato il suo status, visto che era quello che faceva anche lui quando era negativo. “Mi vergogno di averlo fatto” confessa.
Se da una parte Robbins vuole che ci sia maggiore informazione sull’HIV (in fin dei conti è il suo mestiere), dall’altra non sente la necessità di istruire la gente sulle app di appuntamenti e, aggiunge, “mi rifiuto di farmi rovinare la giornata da commenti offensivi”. Il suo consiglio per coloro che prendono sul personale il rifiuto basato sul loro status è “esci dall’app e trova qualcosa che ti dia soddisfazione, come, ad esempio, costruire nuove amicizie”. Ci tiene a precisare che ciò non significa lasciare che il maleducato di turno la passi liscia, ma, aggiunge “non possiamo controllare le reazioni degli altri. Possiamo soltanto controllare il modo in cui influenzano la nostra giornata”.
Richard Schieffer, invece, sceglie di interagire regolarmente con le persone sulle app di dating quando riceve messaggi maleducati o offensivi. Schieffer è un artista che vive a New York, scrittore e attivista sieropositivo che, nonostante abbia solo 30 anni, ha raggiunto importanti risultati con il suo attivismo. È il produttore esecutivo di “Miss Hell’s Kitchen”, un concorso di bellezza riservato alle drag queen, e gestisce un blog su POZ (piattaforma online che si occupa di HIV e AIDS. NdT).
“Prendo in considerazione la loro ignoranza e scelgo la compassione insieme all’insegnamento e alla conoscenza”, dice Schieffer, “conosco il mio status e sono consapevole che non tutti gli uomini possono dire di conoscerlo.”
Schieffer spiega che ha una carica virale impercettibile; a questi livelli insignificanti è impossibile passare il virus e controbatte a tutta la retorica basata sulla colpevolizzazione della vittima che riceve semplicemente perché è positivo. (Voglio dire, è come il bue che dice cornuto all’asino. Siete tutti e due su un’app alla ricerca di sesso facile e occasionale.)
Secondo l’artista, oggigiorno sembra che il rifiuto sia meno comune di quanto non fosse in precedenza e ritiene che la profilassi pre esposizione (PrEP) e una maggiore conoscenza generale riguardo l’HIV sia la causa di tale cambiamento.
Allo stesso tempo Schieffer ammette che essere rifiutati faccia parte della vita e decide di vedere il bicchiere mezzo pieno. “Ok, il tizio era sexy ma vuoi veramente uscire con qualcuno che dimostra un livello così basso, se non inesistente, di compassione o comprensione?”, chiede. “Essere rifiutati è la protezione di Dio”.
“A coloro che si preoccupano di essere rifiutati dico: non lo siate. Comunque succederà, che sia perché siete positivi o per altri motivi. Scelgo di credere che l’universo abbia in serbo qualcosa di meglio in futuro. Uso il rifiuto come motivo di crescita e uno stimolo per continuare a lavorare per mettere fine allo stigma”.
Daniel Driffin, 33 anni, attivista sieropositivo e presidente emerito dell’organizzazione “Young Black Gay Men’s Leadership Initiative” spiega come , adesso, riceva raramente odio sulle app di dating gay. “È più facile che le persone che mi contattano parlino della loro stessa sieropositività e sostengano il mio lavoro per un futuro migliore. Non rispondo neanche ai commenti negativi. Non li blocco nemmeno, non ne vale la pena.”
Le poche volte che si è trovato ad essere travolto da commenti denigratori si è rivolto ai social e a Facebook per sfogarsi e parlare del problema in modo più ampio. “Se ricordo bene, l’ultima volta, c’erano più di 75 commenti sul post”, dice.
Se da una parte Driffin ritiene che il rifiuto diventi più facile con il tempo, soprattutto se se ne parla di più e più spesso, dall’altra pensa che “gli altri uomini queer devono comunque decidere quando è il momento giusto per loro”.
Effettivamente, non essendo emerso un filo conduttore comune dalle risposte dei tre attivisti che abbiamo intervistato, potrebbe essere necessario provare alcuni approcci differenti nel rivelare la propria sieropostività sulle app di dating tutelando se stessi allo stesso tempo.
Se hai notato che è più semplice indicare subito il tuo status, fallo. Altrimenti aspetta e rivelalo solo prima dell’incontro. Allo stesso modo, non ti sentire assolutamente in dovere di rispondere se dicono cose maleducate o offensive (è a questo che serve la funzione “blocca”) ma potresti notare di essere più simile a Schieffer, che sta meglio con se stesso quando riesce ad educare le persone ignoranti in materia.
E poi, ci permettiamo di dire che potrebbe valere la pena investire un po’ meno della tua felicità e del tuo benessere su qualcun altro.
“Per vivere la vita più soddisfacente e migliore possibile non hai bisogno di nessun altro”, conclude Robbins. “Se anche dovessi rimanere single per sempre e non trovare mai l’amore della mia vita, continuerò comunque ad amare me stesso. Ho dovuto fare i conti con questo aspetto una volta preso atto della mia diagnosi. È stato un momento di presa di coscienza molto intenso per me e ho pianto disperatamente. Prendermi cura di me stesso è fondamentale per me. E va bene così.