Gli appartenenti alla mia generazione (35/40 anni) sicuramente ricorderanno le lunghe ore di lezione di educazione sessuale proposte dalle nostre scuole (soprattutto negli austeri licei) e le straordinarie conversazioni sul sesso sicuro e i sentimenti avute con i nostri genitori. Lezioni e conversazioni che hanno forgiato generazioni e cambiato, in meglio, la percezione che ognuno di noi ha di se stesso e degli altri.
Come dite? Non vi ricordate niente di tutto ciò? Avete ragione. E sapete perché? Perché, tranne rari casi, non c’è mai stato NIENTE di tutto ciò nel nostro paese. Né a scuola, né, salvo rare eccezioni, a casa.
La mia famiglia, atea fino all’ottavo grado di parentela, compresi i parenti emigrati in Argentina, in prima fila alle manifestazioni per la parità dei sessi, il divorzio e l’aborto negli anni ’70 e ’80, strenui sostenitori delle libertà dell’essere umano, non è stata da meno. Di “quello” non si parlava. Era una cosa che dovevi imparare da te sperando di trovare brave persone durante il tuo percorso di vita. Persone in grado di rispettare se stesse e gli altri, di insegnarti “bene”, di pretendere il sesso sicuro e così via. A me è andata bene, nonostante il mio percorso sia stato decisamente “sopra le righe”, ma non posso dire lo stesso di tante altre persone.
Beh, meno male che sono passati anni e finalmente i tempi sono cambiati! Adesso i nostri ragazzi hanno a disposizione una vasta gamma di programmi curricolari di educazione sessuale e sentimentale nelle scuole, i preservativi vengono regolarmente distribuiti in tutti i centri di aggregazione giovanile e c’è ampia informazione su tutti i metodi contraccettivi a cui hanno accesso le donne.
Certo. Questo nei Paesi Bassi però. In Italia non è cambiato quasi niente. I rarissimi e coraggiosi progetti di educazione sessuale che c’erano quando andavo a scuola io si sono moltiplicati, questo sì, ma sono sempre a discrezione di chi li promuove e del dirigente scolastico e cambiano da regione a regione e da scuola a scuola. Non fanno parte del curriculum nazionale, non sono OBBLIGATORI per tutti dappertutto come dovrebbero essere. I consultori nelle scuole ci sono, ma non sempre funzionano bene, le linee guida non sono le stesse dappertutto e c’è ancora grande disinteresse da parte dei genitori e molta vergogna da parte dei ragazzi. E il personale è sempre esperto di tematiche LGBTIA? E della B in particolare? O capita ancora spessissimo che uno studente B si senta dire “è una fase, la bisessualità non esiste?” o che uno studente trans, in una fase così delicata della vita di ognuno, si senta giudicato o fatto sentire sbagliato?
La risposta la conosciamo.
Qualche mese fa ho cominciato a seguire con interesse il progetto, “Laicità Scuola Salute” promosso da alcune associazioni che a me stanno molto a cuore per ovvi motivi (tra le altre, Agedo, Rete Genitori Rainbow, Educare alle differenze ecc) e la B è citata in qualche occasione anche sul loro manifesto ufficiale e sui documenti presenti nel sito (ci sarebbe da fare qualche precisazione in questo senso ma per il momento attendiamo gli sviluppi e sì, come un cane da punta, controllo sempre che la B ci sia e che se ne parli in modo realistico e rispettoso ). Lo scorso 26 maggio ho partecipato alla loro assemblea romana, sottolineando la partecipazione a nome di Bproud, ho poi inviato le nostre considerazioni e attendiamo che il progetto venga presentato ufficialmente.
Ci auguriamo, di tutto cuore, che vada in porto, che sia partecipato, che sia preso in considerazione da chi di dovere. Ne abbiamo un estremo bisogno per garantire ai nostri ragazzi accesso ad informazioni e materiale importantissimi per la loro salute e per la loro crescita come persone. Non è possibile lasciare alle famiglie l’onere e l’onore di educarli su queste tematiche. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti e più passa il tempo più mi sento di dar ragione ad un amico inglese, bisex e padre, che mi diceva “la famiglia non ha nulla a che vedere con questo. Se non avessi avuto un valido programma di “sex ed” a scuola a fare da contraltare a quello che mi dicevano i miei, adesso non sarei la persona che sono. Anzi forse non ci sarei proprio”.
Ma studiamo un po’ di dati partendo proprio dalle ricerche svolte dai promotori del documento (trovate il documento con tutte le fonti qui):
- La sifilide ha subito un incremento tra la popolazione giovanile fra i 15 e i 25 anni dell’ 800% tra il 1998 e il 2008 e del 400% su tutta la popolazione tra il 2000 a oggi.
La sifilide. Gente, la sifilide. Quella che sfigurava il volto e il corpo dei frequentatori di bordelli nei romanzi ottocenteschi. Quella che dovrebbe essere solo una vaga citazione letteraria. Eccola qui. Ce l’abbiamo ancora e tantissima.
- L’85,6% delle nuove infezioni da HIV (3500-4000 casi l’anno) è causata dal mancato uso del profilattico (questo perché nel nostro paese non esiste l’HIV, come tutti ben sappiamo). Aggiungo anche un altro dato: in oltre il 73% dei nuovi casi la persona scopre di essere sieropositiva solo in prossimità dello stadio di AIDS conclamato. Perché? Perché di AIDS si parla pochissimo, perché, tranne rari casi, non si offrono controlli periodici, perché non ci sono strategie di prevenzione. Nel caso qualcuno se ne sia dimenticato, di AIDS, ancora, si muore.
I dati non finiscono qui, anzi, e invito a leggere il documento per intero ed aderire a questo progetto. E poi? Cosa si può fare a parte i singoli, coraggiosi progetti?
Educare. Pretendere che i consultori nelle nostre scuole e in quelle dei nostri figli funzionino benissimo, che ci sia del personale esperto su tematiche LGBTIA+ (e B!); essere noi per primi (genitori, insegnanti, studenti), anche quando non possiamo essere out, a contattare associazioni serie e invitarle a proporre progetti di educazione sessuale e sentimentale nelle nostre scuole. In attesa di un futuro in cui tutto questo diventi parte della nostra cultura e un post come il mio un lontano e obsoleto ricordo.
Attendiamo con interesse le vostre considerazioni ed idee.